Thursday, August 12, 2010

29 luglio 2010 inizia la mia avventura...

Kibera



Arrivata ieri sera e mangiato qualcosina, don Sebastian mi ha sistemato in una piccola cameretta dove c’è l’indispensabile: bagno,letto,luce. il DBYES (don Bosco Youth Educational System) per ora ha circa 20 stanze dove alloggiano vari gruppi, organizzano ritiri, riflessioni. Ora c’è un gruppo di coreani che tra qualche giorno lascerà il posto ai polacchi. Sono convogliate diverse nazionalità: è un luogo internazionale!




Come primo giorno in Africa è stato emotivamente impegnativo: visita di Kibera slum, una delle tante baraccopoli che circondano la grande città di Nairobi ed abitata da circa 2.000.000 di persone. Con vicoli strettissimi, per terra assi di legno tra un canale ed un altro, con piccole baracche attaccate le une alle altre, di 2 metri quadrati (a dir tanto) e separate da un muro fatto di legno, fango ed argilla. Panni stesi ad asciugare su un filo tra una casa ed un’altra. Ma dire semplicemente povertà sarebbe troppo restrittivo.. bisogna invece aggiungere gioia e sguardi luminosi dei bimbi che ti guardano con due occhioni enormi e mentre passano intonano la stessa melodia: “How are you? How are you?” e tu dai sempre la stessa risposta: “Fine, thanks, and you?”..indifferenti alla loro condizione, non curanti di mangiare solo un pasto al giorno, camminando a piedi nudi nella sporcizia, nel fango e nei liquami.  Ridendo ed esaltandosi mentre scatti una foto e gliela mostri, stupendosi poi di vedersi in un piccolo riquadro!

...felici e spensierati. Perchè? Da dove viene la forza di ridere e giocare? Le mamme faticano a trovare 20 scellini (che equivalgono a 0.20 cent) per dar loro da mangiare e loro giocano, vanno a Bakita School da soli anche se abitano lontano. Con la loro divisina, bimbetti tra i 2 e i 5 anni mangiano il loro pranzetto finendo tutto e pregano chiudendo adirittura gli occhi per concentrarsi meglio. Come mai invece i nostri bambini non riescono nemmeno a stare in silenzio cinque minuti per pregare? Come mai i nostri bambini, pur avendo tutto, sono scontrosi, tristi e comandano chiunque?



Maestre che guadagnano 5.000 Ks (scellini keniani) -50 euro- al mese e che nonostante il loro abbigliamento possa far sembrare il contrario, vivono nella stessa baraccopoli dove insegnano. Mamme che pagano 1.200 Ks (12 euro) per non essere sfrattate dalla loro “casa” insieme ai figli. Com’è strana la vita: pagare per vivere in una baraccopoli....eppure c’è anche questo!



 Baracche di manicure, parrucchiere, chi venditore di cappellini, chi di camice, completi di giacca e pantaloni, chi di patatine fritte, salamelle, carbone. Ma insieme alla povertà e alla sofferenza convive l’accoglienza.
Blocco allo stomaco, lacrime agli occhi...insomma, tutte io, nel vedere i primi bimbi che ci accoglievano nei primi metri di slum, accarezzandoci le mani, vedendole così bianche.. mi sono sentita un extraterrestre proveniente da un mondo che quei morettini non hanno conosciuto e che forse non vedranno mai. Mi sono sentita come il soldato nero al quale il bambino lecca la mano e, deluso, si accorge che non sa di cioccolato.

Tutto per loro era novità, e gioia nei loro volti: gioia di bimbi spensierati che pensano a correre e giocare tra un muro di latta ed un altro, incuranti di cosa li aspetta domani. La vita viene guardata diversamente dalle signorine di 12 o 13 anni che, più grandicelle, si accorgono che non è più tempo di ridere e scherzare, e che se vogliono sopravvivere devono studiare e lavorare per tentare di uscire da Kibera.



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