Monday, August 16, 2010

05 agosto 2010

Stamattina di nuovo con Don Sebastian nel traffico cittadino per andare in un negozio di tecnologia per riparare uno computer che servono al tecnico del suono per produrre e sistemare canzoni dmesse poi su cd e distribuite ai vari gruppi che le utilizeranno per ritiri, giornate spirituali o incontri...


per strada, tra artigiani alle prese con ferro e legno, chi vicino al fuoco per cuocere pannocchie, chi a vendere teli, si scorgevano donne e ragazze con due o tre taniche d’acqua vuote che si dirigevano tutte alla “fonte”, una grande cisterna contenente decine di liti d’acqua. E tra il via vai di gente, tre donne attingevano l’acqua da un piccolo canale invece di andare con il loro secchio a prenderla alla cisterna. Lì, da quel canaletto, probabilmente accumulo di rifiuti e acqua usata per lavare camioncini o statuette di ferro...quell’acqua marrone travasata poi con l’innaffiatoio in una bacinella più grande. Quell’acqua sporca, portatrice di tante malattie. Altro che i nostri depuratori, alla faccia dei più salutisti che comprano acqua uliveto e rocchetta ricche di calcio o di quali altri sali. Quelle donne (che magari abitavano lì in una stradina di uno slum..uno dei tanti) avranno utilizato quell’acqua per lavare i vestiti, o magari anche per cucinare...


Casualmente siamo passati davanti a queste donne in una frazione di secondo proprio quando travasavano l’acqua..una stretta al cuore accompagnata da un “no,no...quell’acqua no...” . invano. Certamente loro non avrebbero sentito, e il mio sarebbe rimasto solo un monito nel vuoto. Quante malettie si potrebbero evitare. Quante morti anche. In un secondo una scena come questa..chissà quante altre saranno successe e si ripeteranno.


In frazioni di secondo, solo passando in macchina, si possono osservare istanti di vita delle persone, cogliere gesti ed espressioni..

Al pomeriggio Charity, una delle ragazze che lavora alla DBYES, mi ha proposto di andare con lei dalla parrucchiera. Alle 4,30pm abbiamo atteso che passasse un matato (sempre il solito pullmino scassato che trasporta 15 persone invece di dieci) che ci portasse fino a Karen. Dopo aver percorso un centinaio di metritra il via vai di gente, di taxi, di taxi improvvisati e di bancarelle, ci addentriamo in una viettina che porta ad un piazzale da cui iniziano casupole in legno, attaccate le une alle altre, una di fronte all’altra, lungo file continue: in ciascuna baracchina si trova il venditore di frutta, il sarto, il parrucchiere per uomini e per le donne,l’elettricista. Un piccolo borghettino dove si può trovare di tutto: verdura, vestiti, creme, orecchine, collane... seguendo Charity, entriamo in una di quelle, spostando una tenda.
Qui ci accolgono Sarah e Cecily, le parrucchiere. E per 2 ore le osservo mentre sciolgono le treccine e buttano a terra i capelli artificiali che mano a mano si staccano (ecco i trucchi delle ragazze africane per avere sempre i capelli semi-perfetti!); le guardo come lavano quei numerosissimi ricci, come li pettinano, li ungono, li asciugano, li tirano lisciandoli quasi che sembra si stacchino dalla testa! Dopo due ore riprendiamo il matato verso casa... e non ha rifatto le treccine, altrimenti le ore anzichè due sarebbero state minimo sei...e con quanta pazienza!

In strada, alle 6,45pm inizia a scendere il buio e non è molto bello stare in giro..qui ora è inverno.

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