Wednesday, September 15, 2010

6 settembre 2010_ritorno..


Eccomi qui in aeroporto, dopo aver fatto check-in (e pensando di aver saltato qualche passaggio), e ora davanti al boarding-gate. Vorrei far uscire le lacrime che bagnano il cuore, ma sono frenata dalla realtà che mi circonda.
Saluto Don Sebastian..un ultimo thè per passare gli ultimi istanti insieme, un ultimo saluto al di là del vetro..ed ognuno riprende la propria vita.
h.14,00
e sull’aereo, anche volendo, non riuscire a trattenere le lacrime…ripensando ai viaggi, a Fr.Seba e al bellissimo sole che sorgeva: il Kenya ha voluto salutarmi regalandomi quello spettacolo meraviglioso..alba su Nairobi, con una palla rossa che spuntava tra i palazzi e si mostrava in tutta la sua bellezza. Quasi a farmi rimpiangere il fatto che eravamo in macchina diretti all’aeroporto. Come se volesse fare apposta a farmi provare ancora più nostalgia più di quanto non la provassi già..e le lacrime aumentano. Italia..ritorno.

5 settembre 2010

h.16,00
…e così un altro pezzo di vita sta per finire…il viaggio in Africa si conclude tornando dal ritiro e passando per strada. Per Bogo Bogo, Nairobi, Mombasa road, Karen..imprimendo nella mente più immagini possibili: bancarelle piene di frutta e verdura, ragazzi che parlano sul ciglio della strada, ragazze con pantaloni e canottiere, più occidentali delle occidentali, mamme che si dirigono in chiesa (se cattolica o no, non si sa.. in Africa c’è una chiesa diversa dietro ogni angolo), uomo che cammina in mezzo alla strada (nel vero senso della frase) trainando un carretto; vescovo di chissà quale chiesa, accompagnato dal segretario, che attendono di attraversare la strada; camioncino che pubblicizza l’elezione di qualche politico andando per la città con la musica ad altissimo volume, quasi a creare una discoteca itinerante; strade trafficate anche di domenica…questo un pezzo d’Africa.
E mi rimangono nel cuore le ragazze della Form 1 e 2 che, anche se dopo appena tre giorni, non vogliono che io ritorni in Italia, che mi danno i loro indirizzi, che sono al settimo cielo dopo essermi presentata davanti a 80 ragazze, parlando al microfono e in inglese; che mi dicono di salutare le mie sorelle anche se non le hanno mai viste (ma dato che hanno quasi la loro età, allora sono avvantaggiate); che cantano meravigliosamente, prendendo loro l’iniziativa, senza un qualche adulto o suora..a 15 anni. Questo un pezzo d’Africa. E gli occhi incominciano ad essere lucidi..con la valigia pronta.
h.23,00
salutato, avvisato casa, organizzato il rientro ed i giorni successivi. Scambiato mail, fatte promesse. E sto per salutare l’Africa. La tanto desiderata Africa, la tanto sognata. 40 giorni…ormai trascorsi. E ripenso ai visi delle persone incontrate, ai loro sorrisi, alle strette di mano, ai loro occhi, alle loro parole. Saluto l’Africa con la promessa di ritornarci presto. L’ansia cresce e l’ora di ripartire si avvicina..I will miss you,
Africa.

4 settembre 2010_Retreat

Seconda meditazione_hands                                                                                            
There are motherly hands that carry children..there are caring hands that nurse the sick..there are helpful hands that run switchboards..there are hard-working hands which plough and sow..there are productive hands which build houses, make roads and cities..there are delicate hands that fill the world with beauty..there are consacred hands which bless, forgive and heal..there are gentle hands that wipe sweat and tears..there are hands of those who have farewell..there are welcoming hands that receive us..there are caressing hands that comfort us..there are hands  raised aloft in surrender or distress..there are tender hands of children..there are hands of old people in need of support…
Hands that set me free, that carried my burden, from which flow, pardon, peace and hope, that opened eyes and ears, that raised the dead, that blessed sinners, that multiplied food and broke the bread, that caressed little children..pure and immaculate hands they were..yet, they washed dirty feet.
Become aware of your fingers….think of the most unforgettable hands that you have known, the hands of your father, mother, brothers, sisters, grandparents, people you loved..


Turning yourself over as a baby, crawling and creeping, think of all the learning that your hands have done; remember the tears they have wiped away, the blood they have bled; how much hurt , anger and violence they have expressed…and how much love they have given..how often they have been folded in prayer and raised towards heaven in supplication..hands that guided in the great symbolic language of the sign of the cross. The handshake, the wave of the hand in “hello” and “goodbye”… there are hands of a doctor, a nurse, an artist, a priest…When you extend your hands, it is your heart that you extend.


 …mani. Senti le tue mani; chiudi gli occhi, apri il cuore, senti I muscoli, senti le dita. Percepisci l’aria intorno alle tue mani. E pensa alla loro importanza. Pensa a cosa non riusciresti a fare se non le avessi.                                                                                            Mani che stringono, che picchiano, che sorreggono, che asciugano lacrime, che prendono in braccio un bambino, che accarezzano, che abbracciano, che lavorano i campi, che scrivono al computer.. mani piccole e preziose di un bambino, mani meravigliose di una donna, mani dell’uomo amato.Pensa alle mani della mamma, del papà, delle sorelle, dei fratelli, degli amici.
Mani che con una stretta trasmettono un messaggio, mani meravigliose, mani essenziali, mani indispensabili senza le quali niente faremmo… mani capaci di creare relazione, mani che uniscono, che collaborano..
Mani che spezzano il pane, che dividono il pesce, che rialzano la prostituta, che lavano i piedi sporchi degli apostoli, che chiamano Zaccheo, che indicano e che invitano a seguire..
Mani che incontrano un viso triste, mani bianche che stringono mani di bambini samburu, mani di bambini in uno slum; mani che mangiano il cibo, che toccano la terra, che toccano le stoffe; mani che cucinano, mani che tendono un aiuto; mani che applaudono, che incoraggiano e che rifiutano. Mani che disprezzano. Mani che accolgono. Mani aperte all’incontro con l’altro.

..consapevole dell’importanza del respiro…del respiro della vita. senza il quale non vivremmo, non doneremmo un sorriso, non celebreremmo la vita, l’amicizia, l’amore, le persone care.
Friendship. Un buon amico è colui che rispetta, che è onesto, sincero, leale, veritiero, generoso, intelligente, buon ascoltatore, aperto.. “I love you not for what you are, but for what I am when I am with you”. Un amico è la persona davanti al quale riveli te stesso. Un amico comprende, ama, corregge, si confida. Un amico sta sveglio per ore, ascolta per ore nel momento del bisogno, al telefono al posto di studiare solo per ascoltare i tuoi problemi..un amico parla con te, lavora con te, piange con te, ride con te…Se costruisci muri, non potrai mai costruire ponti con le persone. Non potrai mai costruire relazioni.
God. Chi è Dio? Chi è Dio per me? Nella mia vita? nelle mie relazioni? Dio è padre, Dio è confidente, Dio è amico; Dio sa, cerca di capire e di perdonare; aspetta i nostri tempi.. ci aspetta; aspetta le nostre scuse..ma non bisogna approfittarne. Dio è salvatore, Dio è uomo. Dio ci ama per quello che siamo, non per quello che facciamo.
Non credo in un Dio che punisce, in un Dio dittatore, in un Dio che non perdona… Dio è amore, Dio è perdono. Perché credo in Dio? Perché ama, perché è vicino, perché non lascia da soli. Non lascia nel momento del bisogno né nei momenti felici. Dio è roccia, sostegno, appoggio, bastone…

3 settembre 2010_Retreat

Non forse. STA facendo un bel lavoro. Ha una capacità incredibile di concentrare su di sé l’attenzione delle ragazze e passare un messaggio dietro l’altro: stima di sé, persone care, perdono, pregi, difetti, conoscenza di sé..
Prima meditazione_ People are God’s gifts to us..People in your past life. Go back as far as you can remember, think of your life at home as a little girl..recall your parents, brothers, sisters, your neighborhood friends, other people in your early life..who were they? Let yourself relive those days..People in your present life. Thank God for them.
People are signs of God saving presence…Conscious of God’s presence, looking for the signs of God’s saving presence in your life, the people that have helped you in moments of needs, when facing a problem, when you were in pain, in a crisis, in sickness, in loneliness; God usually comes us through other people.
Who were they? Through them God blessed you:
You were sick, and I healed you through him..you were discouraged and I cheered you up through her..you were about to make a wrong turn in your life, and I sent him to stop you..you were lonely and I send her to you..you needed someone to love and I send him to you...                                      
Talk to God about them, thank God for them, they have been a blessing to you..pray for them. God says: “Don’t you see? ‘I have loved you with an everlasting love’?”.
God has blessed people through you.. think of the kind words, the helpful words you have spoken; think of the kind deeds you have done, think of the times you have helped people in moment of need..think of the people you  have reached out in love, in compassion, in forgiveness, in support; think of the risks you have taken in helping and loving people..who are? The people you have loved deeply..how did you help them?
You have not always been a blessing to others.. don’t chase your sins: pray for those whom you have hurt in some way, ask God’s forgiveness, pray for them.. God does not condemn you, don’t condemn yourself; he calls you to him once more.. he asks you to be a blessing and a gift to those who need you now..who are they?
…pensare a tutte le persone incontrate finora; le persone che abbiamo aiutato, che ci hanno aiutato; persone del presente, del passato, quelle più importanti; persone che al nostro fianco ci hanno ferito, che ci hanno perdonato, che sono state un nostro modello, che sono ora un modello per noi, che sono state sempre al nostro fianco; persone viste una sola volta; persone che abbiamo ferito. Persone che forse non incontreremo più.Persone che ci hanno lasciato un segno. Persone con le quali abbiamo vissuto belle esperienze. Persone con le quali abbiamo riso, pianto, parlato; persone con le quali ci siamo sfogati e persone alle quali non siamo riusciti a dire tutta la verità…persone che ci mancano, persone che sentiamo tutti i giorni; che si fanno “vive” per chiedere un aiuto; persone che non chiedono mai niente in cambio…offrono e basta. Persone che hanno mancato di rispetto, persone leali, persone che sanno ascoltare e che perdonano. 
Famiglia, amici, conoscenti, estranei…persone con le quali abbiamo a che fare ogni giorno, ogni ora, ogni minuto; in casa, in strada, in treno, in metro, al negozio per fare la spesa, in chiesa, al parco, in università, al bar…luoghi di aggregazione.
Perché l’essere umano è stato creato per avere relazioni con i suoi simili. 
Non è fatto per vivere la sua vita in solitudine..attraverso le relazioni l’essere umano cresce, migliora i suoi comportamenti, accetta l’altro, impara a conviverci e a condividere pensieri, esperienze ed idee. Attraverso le relazioni l’essere umano trasmette felicità, preoccupazioni, tranquillità, trasmette la maschera che si è costruito o la sua essenza.. trasmette la celebrazione della vita!
totalmente consapevoli di noi stessi e sentendo Dio, lo chiamiamo “Abbà Father”.. Conoscenza di sé stessi_who are you? Io sono un mistero. Una storia narrava che un gruppo di studiosi era preoccupato che Dio occupasse la mente e le azioni degli uomini e si ritrovarono per decidere un luogo dove tenerlo nascosto. Qualcuno propose di metterlo nei fondali marini, qualcuno nelle grotte più impenetrabili, qualcuno negli inferi; qualcun altro ancora propose di isolarlo sulla montagna, cosicché nessuno lo potesse più trovare. Infine prese parola un saggio che concluse così: “mattiamo Dio nel cuore degli uomini…non lo cercheranno. Loro guardano sempre fuori, guardano sempre gli altri. Non guarderanno in sé stessi”.
Perché è così. L’essere umano ha paura di guardarsi dentro, di esplorarsi, di conoscere desideri e dolori.. così non scopre Dio. Ma può trovarlo nell’altro. Nel debole. Nel povero. Nel bambino. Nella mamma. Nel lavoratore. Nel sacerdote. Nell’amico.                                                                                                                                    

Stima di sé stessi_self esteem. “Non puoi sognare il tuo carattere, devi solo forgiarlo giorno per giorno” (J.Fronde). sii la bella persona che Dio ha creato perché tu lo sia.. tu sei unico nell’eternità: nessuno mai parlerà come te, camminerà come te, sarà come te…perché sei unico. Sei speciale. E celebra la vita, ora.

2 settembre 2010_ Retreat

A 4 giorni dal mio ritorno in Italia, ho accompagnato Fr.Sebastian ad un ritiro nella zona di Bogo Bogo (dall’altra parte di Nairobi rispetto a Karen). Questi 4 giorni di ritiro sono per le ragazze di 1° e 2° superiore della scuola secondaria gestita dalle suore carmelitane. Dopo aver mangiato e chiacchierato in loro compagnia, mentre Fr.Seba è a tenere le ragazze, io sono in camera..eppure riesco a sentire i loro canti, le loro preghiere che si trasformano in musica…160 ragazze che sanno diventare un coro. Un meraviglioso coro. E il mistero dello Spirito Santo che forza dà a Don Sebastian…che capacità di tenere  da solo le ragazze , senza dire: “basta, silenzio, smettetela”, ma solo facendole cantare. Che capacità ha di comunicare: “voglio che oltre a conoscere un po’ più di Dio, conosciate un po’ più di voi stesse” ..e se inizia così, penso riuscirà a fare un bel lavoro.

Wednesday, September 8, 2010

1 settembre 2010

Insieme alle pagine scritte sta per finire anche la mia avventura..mi lascio alle spalle Korr e per qualche giorno divento una “turista occidentale d.o.c”,anche se ciò non mi esalta.



BOMAS OF KENYA_TRADITIONAL DANCES… 27 AGOSTO 2010


Assieme a Stephen (ragazzo americano amico di Fr.Seba) e portati da Fr.Seba andiamo a vedere a Karen un gruppo di ballerini che con musiche, danze, costumi e canti hanno riproposto la tradizione musicale di varie zone del Kenya: Malindi, Mombasa, Nata Veta, Kisumu, Machakos (kikamba dance), Masai, Samburu.. interessante vedere le riproduzioni, anche se sarebbe stato ancora più bello vederli “dal vivo”, vederli ballati dalle popolazioni locali. Ciò che mi ha fatto avvicinare un pò alla realtà sono state le riproduzioni di vestiti e atteggiamenti dei samburu e dei moranes...mentre quei ragazzi li “imitavano”, io rivedevo davanti a me le “vere” donne samburu e i “reali” guerrieri. Mi ha fatto ripensare a Korr e alle manyattas..e mi chiedo ancora come facciano a sopravvivere.

 DAUGHTERS OF THE SACRED HEART_PROFESSIONE PERPETUA…


Il mattino di sabato 28 agosto, io, Fr.Seba e Stephen siamo andati alla celebrazione della professione perpetua di quattro suore della congregazione “Daughters of the Sacred Heart” , una delle quali era una giovane proveniente da Nzaikoni, ex villagio dove Fr.Seba è stato per ben 7 anni. Cantata, celebrata dal vescovo ausiliario di Nairobi e concelebrata da altri dieci preti, è stata una messa solenne. Il coro che la animava cantava magnificamente, anche se esagerava un pò nel ballo: sembrava che questo non fosse più una preghiera, ma diventasse spettacolo. Presi dall’entusiasmo di non si rendevano conto che era pur sempre una celebrazione! Dopo aver pranzato nell’istituto, abbiamo atteso per circa due ore (..i tempi africani!) che Fr.Sebastian salutasse Sister Cecily e gli ex-parrocchiani..tornati a casa alle 6pm dopo non essere riusciti ad evitare il traffico di Karen.



NAIROBI NATIONAL PARK... Dopo essere andata a letto tardi sabato sera, la domenica in piedi alle 5 di mattina per messa celebrata da Fr.Seba e partecipata da me e dal ragazzo americano, pronti per partire alle 6,30am dopo aver fatto colazione. Altra giornata vissuta come “turista”: visita del Parco Nazionale di Nairobi, area naturale protetta, con un’estensione di 117 km2. È uno dei rari parchi che si trova nei pressi di una grande città (e dal quale si potevano osservare gli alti palazzi di Nairobi..i grandi mix: da un’area naturale quasi intatta, vedere le grandi costruzioni della capitale). È stata una bella esperienza: isolarsi dai rumori della strada, lontano dai matatos, dai mercati, dalle bancarelle, dal via vai di gente, per essere immersi in un pezzo di savana, in una giornata uggiosa, fredda e con una leggera pioggerellina, ma che nonostante tutto era affascinante.

 Abbiamo avuto la fortuna di incontrare sul nostro tragitto 5 leonesse e 2 leoni, fermatisi davanti e dietro a noi come a dire: “guardateci, siamo qui per voi!”. La meraviglia di avere quei felini, i Simba e le Nala proprio davanti a me era leggermente attenuata dal timore che quegli animali misteriosi potessero diventare aggressivi...fortunatamente questo non è successo. È venuto poi il turno di zebre, gazzelle, gnu, bisonti, cinghiali, scimmie, ippopotamo (che ha voluto mostrare solo le sue orecchie, rimanendo nascosto in acqua come a non voler esere disturbato), giraffe..belle, eleganti, camminavano in mezzo alla strada come se stessero sfilando su una passerella, e quei “Big Five” erano lì (non ho avuto la fortuna di vedere rinoceronti e leopardi..ma solo avere ad un metro per due volte di seguito il re della foresta e le sue “concubine” è una fortuna che non tutti hanno!)...


la cosa strana era che stando lì nel parco, tra la natura e nel silenzio (solo parlando con i miei compagni di viaggio e tentando di zittire il motore della macchina per godere del silenzio..invano, ovviamente) mi sembrava una cosa naturale vedere scimmie alla mia sinistra, zebre a destra, giraffe... beh, sembrava proprio di essere nella giungla vera e propria, tra fauna e flora. Nel più intatto degli ambienti. Accompagnata dallo stupore di avere davanti quegli animali tanto nominati...


e dopo questa bella esperienza durata 6 ore, dopo essere tornati in DBYES e aver mangiato, ci siamo immersi anche nell’esperienza del mercato di oggettistica africana: un grane piazzale che di domenica pomeriggio ospita un gran numero di sciarpe colorate, coperte, tuniche, maglie, borse, orecchini, statuine, braccialetti, lance, dipinti...di tuto e di più, un gran bazar coloratissimo anche in questa giornata grigia. Appena messo piede nel parcheggio, mi sono illuminata: era il mio posto ideale, quello che ricercavo dal 1 agosto, con quelle stoffe coloratissime, statuette in legno, quegli strumenti musicali..era il mio mondo!


In quel momento ho invidiato politici, attori e cantanti che sono ricchi di soldi: avrei voluto comprarmi tutto ciò che i venditori offrivano..se solo avessi avuto tutti quei soldi! La cosa inizialmente sconcertante, poi risultata simpatica era che per ogni prezzo si contrattava: chiunque fosse il venditore (ragazza, donna o uomo) e qualunque oggetto vendesse, partendo dal fatto che ero mzungu, mi diceva un prezzo altissimo e –le prime volte Fr.Sebastian, poi ho iniziato anch’io- bisognava stare lì minimo dieci minuti per contrattare..ma era simpatico, quasi come se fosse una specie di gioco. Dopo aver passato tra la confusione quasi tre ore, abbiamo cenato allo “shade hotel” insieme a Fr.Tony: grigliata di carne e patatine fritte, accompagnati dall’assaggio della Tusker, birra kenyana originale (anche se a me la birra non piace…non potevo tornare in Italia senza averla assaggiata).


NAIROBI CATHEDRAL-CROCODILE FARM… oggi, 30 agosto, mentre Fr.Sebastian sbrigava le procedure per il rinnovo del suo passaporto all’Ambasciata dell’India, io ho visitato cattedrale di Nairobi. Ciò avrebbe dovuto impegnare circa un’ora, ma a causa dell’inefficienza del personale (..un po’ come l’Italia), Fr.Seba è stato lì ben 4 ore…ed io 4 ore dentro e fuori dalla cattedrale. Venutomi incontro finalmente all’1,30pm e visto che eravamo in Nairobi centro in piena ora di punta, decidiamo di andare a mangiare in una trattoria italiana: dopo un mese mangiando Ugali (polenta bianca di mais), pollo, riso, chapati, Irio (purè di patate con chicchi di mais, piselli, fagioli, cipolla), vegetali, chai (tè kenyano), carne di tutti i tipi, pesce,..ritorno ad assaggiare le tagliatelle con il ragù alla bolognese.. una bontà per il palato! ..non che il cibo kenyano non sia buono, anzi. Ma riassaporare una vera pasta non ha prezzo!

Tornati nei pressi di Karen, prima di ritornare in DBYES, Fr.Sebastian mi ha portato a vedere il Mamba Village- crocodile farm- . animali aggressivi e spaventosi, dei quali ho preso in braccio un cucciolo, con mio grande ribrezzo.










OSTRICHTS FARM.. il 31 agosto, partendo alle 2pm siamo passati a prendere una giovane dell’ex villaggio in cui per 7 anni Fr.Sebastian era stato parroco; con lei siamo andati in una rinomata “Ostrichts Farm”, osservando decine di struzzi di tutte le “età”, bevendo succo di mango e mangiando carne di struzzo (molto prelibata, dato che costava parecchio..) di fianco ad una piscina..un piccolo paradiso. Dopo aver passato 4 orette in piacevole compagnia, riaccompagnato a casa Carol e parlato con le sue sorelle, non abbiamo potuto evitare il traffico delle 7,30pm.

Il perenne traffico, alle diverse ore del giorno, che sia mattina, mezzogiorno o sera..sempre e comunque matatos, pullman, macchine vecchie e nuove, bici, carretti, moto..chiunque va ovunque.






















Wednesday, September 1, 2010

26 agosto 2010 su Korr..

Ritornata alla casa base, alla “normalità”, dopo 15 ore di viaggio attraversando savana, cittadelle, passando tra sabbia, campi di banani, di pomodori, di patate, di arance, di papaya; attraversando zone di pioggia e zone di caldo infernale, ritornando dal nord del kenya al centro...e apprezzo un bel piatto come cena.









E mi metto a pensare che ho lasciato ragazze samburu che a 9 anni sono già mogli, prima ancora di diventare donne; 20enni che magari hanno già tre bambini; 15enni che sono date in sposa a 70enni; ragazzi che dopo aver messo incinta una ragazza, pagando 2.000 Ksh –scellini kenyani- (equivalente di 20 euro) alla famiglia si sono tolti un “peso dalla coscienza” ed il caso è risolto. Ragazze che non finiscono nemmeno la scuola primaria perchè costrette a sposarsi. Tribù dove lo scopo è solo quello di procreare.

No lavoro..ci sono famiglie in cui neanche il padre lavora, ma continuano a fare figli. Non hanno un letto su cui dormire, ma ogni anno la moglie aspetta un bambino. E questo per cultura, tradizioni, mentalità, che in Korr (uno dei tanti posti del Kenya settentrionale) sono vive più che mai, essendo isolati dal mondo sia fisicamente che volontariamente: senza spostarsi, senza andare in città, a scuola, al lavoro (il loro lavoro è curare i greggi). Bambini, uomini, donne, anziani che non si lavano..mancanza d’acqua? Sicuramente.. mancanza di una semplice saponetta? Forse.

















Lascio strade e paesaggio dove il camminare a piedi nudi è solo una cosa meravigliosa. Lascio bambini che di ciabatte non ne vogliono sapere. Lascio un posto dove non cresce frutta, nè verdura, per l’aridità e il troppo caldo. Lascio un posto a cui servirebbe un pò di pioggia. Lascio un posto nel mondo isolato dal mondo...



25 agosto 2010_ KORR..

Ed è giunto il momento di ripartire..se all’inizio lo aspettavo, ora non sono più sicura di essere entusiasta di ritornare a Karen.
Dieci giorni in Korr, dieci giorni con poca acqua, tra gente che chiede cibo e soldi ai don (che non sono visti come figure a cui chiedere consiglio, parlare o dai quali confessarsi..sono solo considerati operatori sociali), senza cellulare, con una rete internet lentissima, con strade bruttissime, con buche enormi, ma dieci giorni che ora rimpiango. Guardando questo cielo, assaporando il silenzio, stando tra i ragazzi e vedendo i loro sguardi, i loro desideri, i loro sogni...il sogno di andare in Italia. Come si può non pensare che forse non la vedranno mai? Come si può non avere nostalgia di questo posto?!
 ..il cuore piange e dagli occhi scendono lacrime..


 Sentire le voci di queste ragazze, ascoltare i ragazzi cantare, vedere i loro visi e non capire nulla quando parlano tra loro in kiswahili; dare un bacio sulla fronte di una ragazza che sembra non capire quello che le stai dicendo, ma che poi si avvicina per cercare di leggere i tuoi pensieri scritti in questa lingua incomprensibile che è l’italiano.. non vedere più gli occhioni spalancati dei bimbi mentre passi..

Stare semplicemente in ascolto..a piedi nudi. 
   








25 agosto 2010 KORR..

Domenica 22 agosto apertura della Don Bosco Youth Feast, con messa celebrata da Kihara -vescovo di Embu- (con il quale abbiamo cenato la sera del sabato, fatto colazione e pranzato domenca), accompagnata da tamburelli, bonghi e danze..con canti che possono durare un’eternità (se il vescovo non fa segno di abbreviare al ragazzo che dirige il coro) e ragazzine che ballano. La chiesa piena di bambini, di mamme, di mamme samburu nei loro abiti tipici (che sono quelli di tutti i giorni), di uomini e di giovani che parteciperanno a questa settimana di giochi, serate e tornei. Al pomeriggio apertura della settimana con danze, canti e balli fatti dalle diverse squadre (con premio alla migliore).



MARSABIT.. E lunedì dopo messa partiti, destinazione: Marsabit. Nelle vicinanze di Korr la strada era ancora sabbia ed eravamo 5 in macchina, quindi tragitto accettabile, avendo la possibilità di dormire un pò. Da Logo Logo invece la strada ha iniziato ad essere un unico massaggio: piena di sassi e buche. Capendo quanto sia difficile la comunicazione, date le strade. Fr.Mwongi lascia me, Suzanne e John (un masai vestito con abiti occidentali) allo Shrine, un edificio nel quale è rappresentato vecchio e nuovo testamento attraverso dipinti dei principali avvenimenti biblici. Personaggi e ambienti tutti africani, per rendere gli avvenimenti più realistici e più vicini alla gente del posto.



Dopo aver riposato per 3 ore senza però toccare cibo, Fr: Mwongi ci passa a prendere, passiamo a salutare il vescovo e ci dirigiamo verso Marzabit. E qui inizia l’avventura... strade piene di buche, che per attraversarle ci vuole il doppio del tempo e sulle quali ci accorgiamo di aver perso la valigia di Sister Regina, suora salesiana che eravamo appena andati a prendere (fortunatamente ce ne rendiamo conto prima che un gruppetto di persone, giàfiondatosi sulla valigia, ne rubasse il contenuto): ciò che non riesco ancora a spiegarmi è COME..non c’erano buchi sotto la macchina nè si è rotto il vetro posteriore. L’unica spiegazione può essere data dal fatto che lo sportello posteriore ha subito un contraccolpo causa crateri sulla strada, si è aperto, la valigia è caduta e si è richiuso immendiatamente. Sta di fatto che resta tuttora un mistero.


Arriviamo in “centro-città” e a piedi ci dirigiamo verso un bar, sedendoci all’aperto. E da questo momento non è passato un minuto che non mi sentissi uno sguardo addosso.. mentre Fr.Mwongi e John sono anati per tre ore a cercare di aggiustare la macchina (scopriamo poi che hanno peggiorato la situazione, visto che la porta posteriore non si riusciva a chiudere e per di più si sono bruciati tutti i fari..), a prendere i medicinali per il dispensary, a prendere la frutta (desiderata per dieci giorni, dato che alla missione, non c’è possibilità che cresca nula e le difficoltà per farla arrivare sono innumerevoli), io e Mama Suzanne siamo rimaste sole: due mzungus che parlano, donne e sole..una delle quali poco più che vent’enne..il massimo! E non passava persona che non fissasse. Perchè non era un semplice sguardo; era invadente, fastidiosamente penetrante. Come se fossimo “animali da circo”. Marzabit, cittadella prevalentemente musulmana, ad un tratto è invasa dal risuonare delle preghiere provenienti dalla moschea, mentre prosegue il Ramaddam. E per mezz’ora continuava a passare solo la cameriera. Quando Suzanne è andata poi a ordinare, era come se improvvisamente mi fossi trasformata in fiore, con tutte le api che girano attorno: avvicinarsi improvviso di uomini e ragazzi, con il mio sguardo che fissava per terra o il bicchiere di coca, evitando di incrociare sguardi, timorosa dei loro pensieri. E avrei voluto volentieri essere nera, diventare trasparente, essere coperta da un telo..pur di non essere fissata. Mentre sempre più uomini erano ubriachi, il cibo, Fr.Mwongi e John non arrivavano.


Alle 9,30, più tranquille con i due uomini, dopo aver mangiato, partiamo per ritornare a Korr. Ci aspettano circa 100 km su quelle strade, al buio...e con la macchina semirotta. Cose che solo in Africa possono succedere. Passare un controllo senza che la polizia chiedesse il motivo della presenza di 7 persone in una jeep da 6 o del perchè le luci non fossero accese; fermarsi ogni mezz’ora a richiudere con le funi lo sportello posteriore della jeep perchè si apre improvvisamente con il rischio di perdere scatoloni di frutta (..dopo dieci giorni vedo banane e arance), medicinali e bagagli; viaggiare sospesa tra i sedili anteriori e posteriori, con solo un terzo del sedere appoggiato (perchè più giovane e più magra di tutti, mi tocca la posizione più scomoda); viaggiare con le frecce di emergenza, una torcia puntata per far luce sulla strada (sia abbaglianti che luci sono bruciati); percorrere 100 km dalle 9,30 di sera, in mezzo alla savana, su una strada che strada non è, illuminati e rischiarati solo dalla luce della luna piena (fortuna che c’era) e arrivare a casa alle 2 di notte, scaricando un barile di benzina prima di andare a dormire...viaggiare con la testa appoggiata sullo schienale del sedile davanti, sballottata per 4 ore con un mal di testa da voler dormire immediatamente.. questi i viaggi in Korr.


E ad ogni fermata, mentre gli uomini erano intenti a bloccare nel migliore dei modi il baule (invano, perchè si riapriva ogni volta) rendermi conto di quanto fosse inverosimile la situazione. E pensavo che quando l’avrei raccontato non sarebbe stato come viverlo. Magari neanche immaginato..perchè la realtà non è mai come il pensiero.


DON BOSCO YOUTH FEAST.. Iniziata la settimana dei giovani, capita che li osservi mentre giocano a calcio o a basket, osservando quando sorridono, corrono per tentare di fare goal o canestro. Aiutando poi Fr.Antimi ad addobbare l’auditorium perchè da solo.

Tuesday, August 31, 2010

21 agosto 2010 KORR...

Ieri visitato Martha al mattino e Mama Antonio al pomeriggio (dopo la siesta obbligata dopo pranzo dall’1pm alle 4pm per il troppo caldo)..tempo di chiacchiere, stare coi bambini, fare foto, vedere i loro voti di scuola e le loro scelte future; apprezzare il trasferimento delle due mamme dalle manyattas ad una casa in cemento e gioire per la loro felicità.



LENGIMA MASS..


Stamattina h.7am pronti per andare a celebrare messa nel villaggio di Lengima con Fr.John e Suzanne. A turno i bambini suonavano la “campana” per avvisare dell’inizio della messa: campana era lo scheletro di una ruota di land rover arrugginito.

Partecipata da 70 bimbetti la cui età media era di 8 anni. I più grandicelli hanno iniziato ad intonare i canti e a suonare i tamburelli; oltre ai bambini assistevano alla messa due uomini ed un gruppetto di mamme.

L’entusiasmo con il quale cantavano e suonavano lasciava che i gridolini si trasformassero in canto. Ed esplodeva la gioia. Ai ragazzini più grandi si univano i bimbettini che battevano le mani sperando di seguire il ritmo, invano. A causa poi della presenza di due mzungus, Fr.John ha avuto un gran da fare per farli restare attenti; gli occhioni erano puntati su di noi, per osservare qualunque cosa dicevamo, facevamo o come muovevamo le dita..a volte era quasi imbarazzante sentirsi cento occhietti addosso! Fuori da messa, altri 3 samburu (non guerrieri) hanno chiesto un passaggio; in una macchina c’erano nazionalità Kenyane, Italiana, Belga..


Per raggiungere Lengima, come per spostarsi verso ogni altra parte, è sempre un’impresa: strade di sabbia che hanno buche fatte dalla pioggia, sassi grandi, piccoli, alberi con spine che se hai il finestrino abbassato, oltre a respirare sabbia, rischi anche di graffiarti. Strade lunghe, infinite e sempre dritte. Percorrere per ore strade senza incrociare macchine, imbattendosi soltanto in struzzi, cammelli, antilopi, volpi o lepri. E se dovesse bucarsi la ruota, cosa succederebbe? Per ore attendere che passi qualcuno.. alone in the desert. È difficile pensarlo quando si è abituati a vedere strade asfaltate e trafficate, incroci, semafori, piste ciclabili. Poi realizzi che ci sono anche lunghe strade senza semafori nè marciapiedi, ma solo con terra di fianco; ti imbatti successivamente in strade non asfaltate ma percorribili senza distruggersi la testa o il sedere, in mezzo alla rossa terra. E pensi che non ci possano essere strade peggiori: è solo terra...e invece no. Settimana scorsa finisco su strade “asfaltate” distrutte da buche che si interrompono per diventare strade senza indicazioni, ad una “corsia”(se così si può chiamare un sentiero percorso da sole jeep..le macchine non arriverebbero nemmeno all’ingresso della savana), con sabbia e in mezzo al deserto, dove i soli cespugli hanno le spine. Non è mai la fine...c’è sempre qualcosa che viene dopo. C’è sempre qualcosa che è peggio. C’è sempre qualcosa che è più in mezzo al vuoto.


GURNITH..
Appena ritornati a casa Fr.John ci avvisa che un’ora dopo saremmo ripartiti per andare a prendere i ragazzi delle varie manyattas per l’inizio della Don Bosco Youth Feast. Un’altra avventura. Dopo aver mangiato due piatti di spaghetti (preparati solo per me) partiamo con il lorry: un grande camion aperto che avrebbe trasportato i ragazzi fino alla missione. In tre partiamo verso Gurnith; circa un’ora e mezza di viaggio, arrivando a destinazione nel piazzale della chiesetta: è il segnale che tutti i senior (ragazzi/e dai 15 anni in su) devono prepararsi per la partenza. Caricate borse, sacchetti e zaini, iniziano a salire i ragazzi, arrampicandosi sul ferro che fa da “soffitto”:
sembra che siamo pronti per partire quando iniziano ad arrivare donne samburu con pesanti ceppi di legna e lunghe canne di bambù per costruire le loro manyattas in un altro luogo (..nomadi)..ed era incredibile come una dietro l’altra arrivavano, caricavano, salivano per avere un passaggio fino al luogo destinato alla costruzione del nuovo villaggio.

E durante il viaggio di ritorno mi mettevo a pensare che era proprio una situazione bizzarra: mi ritrovavo in un lorry, su strade di sabbia e con buche, attraversando letti di fiumi vuoti senza ponti e con 150 ragazzi seduti in cima al camion che cantavano a due cori canzoni in kiswahili, mettendoci il ritmo come solo loro certe volte sanno fare.. attraversando la savana con il sole che tramonta: immersi completamente nella natura, incontrando qua e là qualche raro pastore con capre o cammelli, incrociando moranes che con la loro “armatura” camminavano da soli o a gruppetti verso chissà quale meta e che stupiti alzavano la mano in segno di saluto rispondendo ad un camion pieno di ragazzi..e posso capire il loro smarrimento: di solito non si vedono passare macchinee il primo veicolo che vedono magari in quel giorno non è una semplice macchina,bensì un camion..pieno di giovani che cantano!


E dopo una collina ci si para davanti il sole: una palla gialla circondata da un cielo rosa, semicoperto da un albero...questa Africa! Questo istante, che aspettavo da 20 giorni, tanto divulgato da foto, depliants che sponsorizzano l’Africa e la sua wild nature..io ce l'avevo davanti! E come se non bastasse, subito un’altra immagine: gruppetti di manyattas con il sole che tramonta alle spalle, donne che entrano nelle capanne e bambini che giocano con le capre, circondati da una luce rosea..immagini affascinanti.


E la sera, dall’alto delle scale, contemplare la spianata di fronte a noi: in compagnia solo della luce della luna piena sembrava che fossi piccola piccola e contemporaneamente che avessi il mondo in mano. Un senso di serenità, pace, libertà mi hanno pervaso. Sono sicura che mi mancherà Korr, anche tornando a Karen. Quello che è più stupefacente ed a volte incomprensibile è come un posto dove non c’è acqua, non c’è vegetazione, non ci sono macchine che passano, non ci sono bici, fa caldo, la gente vive con il minimo (e a volte neanche quello)...eppure l’enormità della natura ti assale e si mostra in tutta la sua bellezza e superiorità. E sei a contatto con lei. Direttamente a contatto con Dio. E mi viene da pensare a che meraviglia sia la creazione, a che miracolo ho avuto la fortuna di vedere.


..e qui in Kenya, vivendo con la gente e parlando con loro, capisco meglio e apprezzo la calma, la voglia di camminare sotto la pioggia (..sempre se piove..) senza ombrello, a piedi nudi sul prato, la nostalgia d’Africa. Certo, perchè è qui che il tempo è triplicato, è qui che si è a contatto con la natura, è qui che hai la possibilità di parlarci..non in quella gabbia d’Europa. Non in mezzo a tutto quel cemento. Non in mezzo al traffico. Non in mezzo alla confusione. La natura, il vento, il silenzio...this is Africa.

Monday, August 30, 2010

19 agosto 2010 KORR...

MANYATTAS..

..e quello che ieri ho sentito ed ho raccontato, oggi ho visto. Samburu e Rendile che vivono in piccole manyattas sparse per questo immenso semi-deserto. Tribù di 40-50 famiglie, disposte in cerchio, circondate da rovi per difendersi dalle iene,vivono in capanninne fatte con rami di legno, grandi e piccoli uniti assieme da fango,erba,pezzi di stoffa o di pelle di animale.




Partiti alle 9,30 di mattino con la land rover scassata, percorso km e km nella savana per visitare 5 tribù per vaccinare i bambini e dare pastiglie alle donne incinta. Per avvisare del nostro arrivo, Alex (l’autista) inizia da lontano a suonare una specie di sirena...dopo esserci piazzati sotto un albero, ecco che arrivano mamme con i neonati, nonne e tanti, tanti, tanti bambini quasi tutti sporchi di fango, chi nudo, chi con addosso uno straccetto come mutandina..e le donne in fila con la “cartella medica” dei propri bambini, per fare le vaccinazioni. Le situazioni lasciavano senza parole....davanti a queste ragazze mie coetanee, con già uno o due bambini; non hanno acqua, quindi tantomeno lavano i vestiti..ne hanno uno..o non ne hanno.

Perchè le donne samburu indossano solo un panno che fa da gonna e un panno per tenere il bambino sulla schiena. Niente maglia. E chi ce l’ha, ce l’ha mezza abbassata per poter offrire la mammella al bimbo che è pronto a ciucciare. Al collo tantissime collane, simbolo delle proposte di matrimonio, sulla testa una “corona” di perline, bracciali colorati, orecchini collegati al copricapo. Mamme giovani, giovanissime, che quando si avvicinavano ci esploravamo a vicenda: a 17 già con bimbi, alcune a 15..vite così diverse, in posti così diversi, con culture diverse...a contatto per qualche ora. Incapaci di capirci perchè lei, mamma samburu o rendile, parla solo il suo dialetto orale. Niente inglese. Di kiswahili solo “habariaco”..”muzuri sana”. Stop. E stop comunicazione. L’unica comunicazione che proseguiva era quella degli sguardi e dei gesti: io che toccavo i bracciali in ferro e gli orecchini, loro che contavano i buchi alle orecchie e mi toccavano i capelli..con ciascuna mamma uno sguardo. E un saluto al bambino dietro sulla sua schiena. E dopo che avevano preso un pò di confidenza, qualche foto. Non prima. Non volevano essere disturbate da quello strano oggetto sconosciuto. Ed io non volevo ropere il loro spazio. Così guardavo. E pensavo a quanto quel luogo fosse fuori al mondo..altro che villaggio. Cos’è una bici? La canna da zucchero? Il riso? La doccia? L’elettricità? Un letto? Si..per terra.


E pensavo a quello che mi raccontava Fr.Seba per spiegarmi come vivevano, guardando delle cartoline con fotografati dei Samburu. E pensavo alle situazioni descritte, alle popolazioni nomadi di cui si sente parlare..ecco, di cui si SENTE parlare. Io le avevo davanti..quelle donne samburu, quelle capannine che bisogna abbassarsi per entrare. Un posto senza acqua, con un container (ora semi-vuoto perchè è stagione secca) a km di distanza, senza vegetali, frutta e pesce neppure a parlarne..era la realtà. Lì davanti a me. Senza conoscere “igiene” o “prevenzione”. A guardarle in fila mentreaspettano il loro turno di mostrare la cartellina clinica perchè poi possa essere fatta la vaccinazione al bambino. Mamme 30enni che sembrano avere 50 anni. Mamme, nonne e nonni, bambini...gli uomini? Dove sono?!


..scopro dopo che i ragazzi da quando hanno 15-18 anni (dalla circoncisione) diventano guerrieri per 15 anni. E in questo arco di tempo non si sposano, non mangiano il cibo cucinato dalle donne e nemmeno dalle loro mamme. Non possono. Non sono più bambini, sono ormai indipendenti e devono cavarsela. È così che dice la tradizione...e questi warriors -moranes nel loro dialetto-, impenetrabili, nei loro costumi, con le loro armi, con la loro fierezza, stanno tra di loro, cacciano e viaggiano insieme. Lontano dalla tribù e dalla famiglia. E quando ritornano viene scelta per loro una moglie, si sposano e diventano padri, curano gli animali in zone vicino a casa, lasciando ai guerrieri il compito di stare in giro per giorni.






E tra questi mille pensieri, mille immagini, mille mani, una scena ed una situazione da lasciare senza parole. Solo con le lacrime agli occhi ed una stretta al cuore.. ferma davanti alla “macchina dell’ambulanza”, osservando Sister Alfonsa vaccinare i bambini, sento tirare insistentemente la maglia: una bambina che non parla kiswahili nè tantomeno inglese preme perchè mi diriga verso le manyattas; dubbiosa e titubante la ascolto e raggiungo Mama Suzanne che è china davanti ad una manyatta, e sono investita da un’immagine stravolgente: seduta per terra, magrissima, con la pelle raggrinzita ed i capelli bianchi, una nonna aveva un enorme cancro che le cresceva tra la guancia ed il mento, vicino alla bocca e pieno di pus; lei tentava di nasconderlo mettendo la mano davanti e mandando via i bambini. Ad ogni suo movimento quell’enorme massa maligna sembrava dover esplodere. Le lacrime e la repulsione mi hanno tenuto un pò in disparte. Tre volte per andare a chiamare Sister Alfonsa o Alex perchè venissero a vedere se si potesse fare qualcosa: niente... Niente?! Lasciare questa nonna morire soffrendo? Non portarla al dispensary nè all’ospedale? Troppo lunga la strada, all’ospedale non farebbero nulla e sarebbe sotto la nostra responsabilità. ..e la lasciamo così? Con la figlia che supplica di fare qualcosa?! Decidono che è meglio continuare il giro delle manyattas e ritornare dopo, cercando nel mentre una soluzione. ...dov’è lo spirito cristiano?


Dopo aver visitato 4 “villaggi” e aver rivissuto le stesse scene –mamme giovanissime con bimbi in spalla che guardano stupite e incuriosite, bimbetti nudi e sporchi di fango, nonni con nipotini, caprette- ci fermiamo sotto un albero in mezzo al deserto a pranzare (una piccola vaschetta con una porzioncina di riso). Con un caldo torrido e la sciarpa sulla testa, decidiamo che avremmo proposto al figlio-guerriero di venire con noi al dispensario per prendere il necessario per curarla. ..il figlio guerriero. Che rivediamo appena torniamo alla manyatta. Con copricapi, piuma, coltello, bastone, coperta come gonna ed impenetrabile. Acceta la proposta tradotta da Alex e sale sulla nstra land rover con altri due moranes. E subito lo colgo. Quello sguardo che appena incrocia il tuo penetra quasi a leggerti l’anima..sì,era questa la sensazione! Ogni volta che lo sguardo s’incrociava era la stessa sensazione: occhi neri che cercavano in pochi secondi di cogliere l’essenza dell’altro. Impenetrabile, guerriero indipendente ormai dalla famiglia, che non mangia cibo cucinato da donne, che non dovrebbe andare con nessuna ragazza..e appena 20enne. Accetta di fare la foto –con una mzungu si può fare un’eccezione- . presi i medicamenti sono ripartiti per percorrere sei ore nella landa desolata.ma almeno la nonna starà meglio, almeno per qualche ora.